Più che semplici immagini, le emoji sono vere icone digitali di una lingua franca per l’era digitale. Si tratta del primo linguaggio nato nel mondo digitale, progettato per aggiungere sfumature emotive al testo altrimenti piatto. Le emoji sono diventate popolari da quando sono apparsi sui telefoni cellulari giapponesi alla fine degli anni ’90, e negli ultimi anni sono diventati un segno distintivo del modo in cui le persone comunicano. Si presentano nei comunicati stampa e nelle e-mail aziendali. Una volta la Casa Bianca pubblicò un rapporto economico illustrato con le emoji. Nel 2015 ? divenne la “parola” dell’anno dei dizionari di Oxford. Ma chi ha inventato questo strumento?
All’inizio c’erano le emoticon. Erano gesti primitivi che rappresentavano una parte importante del primo approccio al digitale. Le prime emoji sono state create nel 1999 dall’artista giapponese Shigetaka Kurita. Kurita ha lavorato al team di sviluppo per “i-mode”, una delle prime piattaforme Internet mobili del principale operatore di telefonia mobile del Giappone, DOCOMO. Kurita voleva progettare un’interfaccia attraente per trasmettere le informazioni in un modo semplice e sintetico: ad esempio un’icona per mostrare le previsioni del tempo piuttosto che scandire “nuvoloso”.
Emoj, le prime 176 create da Kurita
Così Kurita ha abbozzato una serie di immagini 12 per 12 pixel per essere inviate su cellulari e pagine come propri caratteri individuali. Le 176 emoji originali di Kurita, ora sono parte della collezione permanente del Museum of Modern Art di New York. C’erano personaggi per mostrare il tempo (sole, nuvole, ombrello, pupazzo di neve), traffico (auto, tram, aereo, nave), tecnologia (rete fissa, cellulare, TV, GameBoy) e tutte le fasi della luna. Ma quei personaggi non erano puramente informativi. Per la prima volta, le emoji offrivano un modo per aggiungere sottotesto emotivo a un messaggio. “Capisco” potrebbe sembrare freddo o passivo da solo, ma aggiungere un ❤️ dona calore e simpatia. Era l’inizio di un nuovo linguaggio visivo.
Emoji, il successo planetario
Le emoji divennero rapidamente popolari in Giappone, in quanto le compagnie mobili rivali copiavano l’idea di DOCOMO. E mentre il mobile computing continuava a esplodere per la metà degli anni 2000, le aziende al di fuori del Giappone, come Apple, videro l’opportunità di incorporare emoji su altre piattaforme. Nel 2007, un team di internazionalizzazione del software di Google ha deciso di guidare la carica, chiedendo petizioni per ottenere le emoji riconosciute dal Consorzio Unicode , un gruppo senza scopo di lucro che funziona come le Nazioni Unite per mantenere gli standard di testo tra i computer. Unicode accettò quella proposta nel 2010, con una mossa che avrebbe presto reso accessibile l’emoji ovunque. Alla fine Unicode decise di indicizzare le emoji “a causa del loro uso come caratteri per la messaggistica di testo in numerosi standard aziendali dei produttori giapponesi”. In altre parole: Emoji era diventato troppo popolare per essere ignorato.
Fonte immagini: www.emojimore.com